Storia dell'ingegneria,  Storia della scienza

L’enigma delle Costanti Distribuite

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Spunti metodologici e cronologici per: UNA STORIA DELLE LINEE ELETTRICHE DI COMUNICAZIONE

Colta nelle problematiche della: Transizione Maxwelliana Campi-Reti e delle nascenti: Tecnologie Elettriche

Conoscere la realtà per modificarla.  (Bacone)

Nel rispetto della Natura (Noi)

Nel seguito la “storia delle linee elettriche” verrà contestualizzata nella duplice ottica fisico-matematica e storica.

Sotto il primo aspetto se ne coglieranno gli stretti legami con l’evoluzione parallelamente compiuta da una teoria dei circuiti progressivamente sempre più dominata dalla Dynamical Theory maxwelliana.

Per la cronaca, la teoria dei circuiti nasce con la legge di Ohm nel 1827, ma assume l’assetto maxwelliano attuale nel 1927 con l’analisi elaborata da R.E. Carson alla Bell.

Sotto il secondo si evidenzieranno le tappe parallelamente raggiunte dalle applicazioni di settore.

La narrazione riguarderà un periodo che, iniziato con le prime linee telegrafiche, si concluderà con il contributo di Sommerfeld relativo al modello irradiativo. Coinvolgerà dunque l’Ottocento

La storia dell’Ingegneria Elettromagnetica non é:

Una successione di autocelebrazioni ipertrofiche tese a certificare che cosa già è stato fatto e che cosa ancora resta da fare;

Una raccolta di Gossip destinata a naufragare in un’annedottica da caffè dopo cena fine a se stessa.

La storia dell’Ingegneria Elettromagnetica é: Il tentativo di inserire l’elettromagnetismo applicativo nel paradigma maxwelliano che, con la Dynamical Theory maxwelliana, governa l’elettromagnetismo teorico classico;

L’esigenza di contestualizzare l’ingegneria negli eventi che, storicamente, hanno contrassegnato il nostro tempo.

Non si tratta dunque di puro dilettantismo da caffè dopo cena. Ma della precisa necessità di rileggere quella che altrimenti resterebbe solo una conoscenza efficace cogliendone finalmente la giusta e dovuta valenza umanistica; È dunque, quello di tutti noi, un tentativo di ritornare all’inizio del Novecento e cogliere così, con l’alto (e a tutt’oggi ignorato) Magistero di Enriques e Rignano, il messaggio contenuto nella rivista Scientia da loro stessi fondata.

In questo contesto la storia e l’epistemologia delle linee elettriche assume poi una particolare rilevanza.

La moderna ingegneria elettromagnetica scientifica si può classificare in tutto e per tutto come un evento postmaxwelliano Al pari del contributo recato dai Maxwellians.

  • J. Perry
  • O. Lodge
  • J. Mac Donald
  • J.C. Maxwell
  • H. Hertz
  • O. Heaviside
  • G.F. Fitzgerald
  • J.A. Fleming H. Poynting
  • J.J Thomson

Ai quali vanno senz’altro aggiunti:

Giovanni Giorgi: per il fondamentale contributo che diede alla Analisi Fondazionale della Teoria dei Circuiti;

Tullio Levi-Civita: per l’unificazione che fece dell’approccio di Maxwell con quello di Helmholtz;

Gian Antonio Maggi: per i legami che evidenziò tra Meccanica Lagrangiana e Teoria delle Reti;

Dario Graffi: per la versione finale che, nel 1938, elaborò della teoria dei circuiti già iniziata, nel 1927, da Carson

Per inciso due di loro emergeranno anche nell’evoluzione delle linee elettriche Ed assumeranno un ruolo di estrema importanza. Per motivi di tempo ne diamo, qui nel seguito, solo un brevissimo accenno.

Giovanni Giorgi raccoglierà l’eredità lasciata da Heaviside a proposito del calcolo operatoriale da questi concepito sviluppando i modelli perfezionati della linea elettrica; Sua, a cavallo tra i due secoli, sarà la prima teoria scientifica della trasformata di Laplace;

E quando alla General Electric, nel 1926, sarà pubblicato, da Ernst Julius Berg, l’alter ego di Steinmetz, il primo manuale sulla L- trasformata, ampio spazio, in bibliografia, sarà riservato proprio a Giorgi.

Sono questi gli anni in cui Berg, alla General Electric, fa la spola tra la sala prove a New York e gli incontri con Heaviside a Londra… E Giorgi, nelle sue Lezioni di Fisica Matematica, sviluppa l’intera teoria delle propagazione e della diffusione monodimensionale Sia in elettrodinamica che in idraulica

Ricordiamo poi ancora una volta Levi-Civita.

La Pirelli – Cavi otterrà risultati equiparabili a quelli ottenuti fino a quel momento dagli Inglesi;

A bordo del suo vascello, il “Città di Milano”, Emanuele Jona, discepolo e pupillo di Galileo Ferraris, realizzerà il “cavo Pirelli;

Ma l’elettrostatica matematica di quel cavo, equiparata dagli inglesi all’opera di Kelvin, sarà di Levi-Civita.

E certo, come mostra la sua rete equivalente delle Equazioni di Maxwell:

Un ruolo cruciale, sia nella fondazione maxwelliana della teoria dei circuiti che negli studi delle reti a costanti distribuite, spetta a R.E. Carson;

Oltre a Joseph Slepian, cui si deve,a partire dalla relazione di Poynting-Heaviside, l’omonimo corollario.

In un’epopea che, nel 1941, si conclude con Stratton:

All’indomani della Dynamical Theory, l’evento postmaxwelliano denominabile Nascita dell’Ingegneria Elettromagnetica Scientifica si articola nelle due fasi successive seguenti:

  • Lettura evoluta della teoria dei circuiti magnetoelettrici;
  • Elaborazione della teoria dei circuiti elettrici.

Per la prima, brevissimamente, va ricordato che la teoria del mutuo induttore, l’elemento portante della conversione elettromeccanica, si deve a Maxwell, il quale, nel 1864, la pubblica sulla sua Dynamical Theory.

A parte il simbolismo, l’approccio lagrangiano adottato da Maxwell è già quello attuale.

Il suo approccio, basato sul metodo delle induttanze, punta sull’impiego della sovrapposizione delle cause e degli effetti e, partizionando l’impulso di tensione in auto e mutuo flusso, può conseguire la sola equivalenza agli effetti esterni.

Nei riguardi delle Tecnologie Elettriche, il suo contributo passa però del tutto inosservato. È Galileo Ferraris a riprenderlo nel momento in cui, per la Torino – Lanzo, elabora la prima teoria scientifica del trasformatore;

Il simbolismo da lui adottato diviene quello attuale:

 

Ma Ferraris sferra anche il primo colpo alle perdite per isteresi. Da buon fisico matematico le mette in conto in assenza di non linearità conteggiadone l’effetto con un ritardo equivalente…

Tuttavia i risultati iniziali sono giudicati non soddisfacenti in quanto da più parti si ritiene che:

«electrical engineering was born yesterday and had no long-standing tradition, no professional culture».

Al riguardo Steinmetz osserva che:

«The theory of the transformer described a device that does not exist in practise, but merely haunts as a phantom transformers the text-books and mathematical treatise on transformers»

«Most theories of the induction motor were written only by theorist who never constructed a motor themselves and who have never seen a motor taken apart».

«Phantom transmission lines circuit of uniformly distributed capacity and inductance was very different from the circuit existing in practice».

Scienza e Tecnica si attestano dunque su due posizioni opposte.

Lo Scienziato J.C. Maxwell e il Fisico Matematico M. Pupin. Vedendo giustamente in Maxwell il padre sia delle teoria dei campi che della teoria dei circuiti, Pupin giunge ad affermare che:

«Attemps of ordinary mortals to do better than Maxwell did must discouraged. Let us follow Maxwell as long as we can, then, when someone is born who is more profound than Maxwell, we will bow him».

Ma non basta: occorre che i fisici matematici di alto profilo che decidono di diventare ingegneri sappiano aggiungere alla sua teoria la concretezza richiesta dalle applicazioni, in quanto:

Un’ equazione fisica è una relazione matematica tra grandezze misurabili Se all’analisi può anche bastare (in prima lettura) l’ equivalenza agli effetti esterni (su grandezze globali), alla sintesi risulta indispensabile l’equivalenza agli effetti interni (su grandezze specifiche locali)

Un matematico infinitamente abile, integrando le equazioni di Maxwell, potrebbe dedurre ogni fenomeno elettromagnetico macroscopico.

Ma questo è vero solo in modesta misura in quanto: Davanti alle non linearità il matematico infintamente abile esiste solo sulla carta perché la matematica stessa non risulta infinitamente abile; Le equazioni di Maxwell dicono tutto perché astutamente prendono le distanze: A far la differenza, di volta in volta, sono le condizioni al contorno e i legami costitutivi, cioè il “braccio secolare” dell’Elettromagnetismo; E lì il gioco, duramente, passa all’Ingegneria… Alla sua “astuzia” ed al suo potere evocativo….

La storia e l’episteme dell’Ingegneria Elettromagnetica è un dipanarsi tra queste due realtà:

Correnti forti: potenza Correnti deboli: segnale

Le critiche e le difficoltà investono dunque sia la potenza che il segnale. Nel caso della potenza il problema è risolto da Steinmetz.

Mantenendo l’approccio di Maxwell, legato, con equivalenza ai soli effetti esterni, al flusso medio per spira:

È la nascita postmaxwelliana dell’Elettrotecnica Teorica.

Steinmetz sostituisce il metodo (esterno) delle induttanze (di Maxwell) con il (suo) metodo (interno) di campo:

Ed ottiene così una prima parziale equivalenza interna. Anche se, attraverso una bobina di Helmholtz, la soluzione sarebbe giunta solo nel 1930 con il paradosso di Weber.

Matematico, ingegnere e filosofo, laureato in una Vienna influenzata dal pensiero di Mach, Boltzmann e Wittgenstein, Weber – a conferma della valenza strettamente maxwelliana dell’ingegneria elettromagnetica scientifica, – lasciò contributi cruciali sia nelle macchine elettriche che nelle telecomunicazioni.

Analoghe considerazioni, ma con anche maggior generalità, valgono poi per la teoria dei circuiti.

Sappiamo che in tal caso la transizione dalla continua all’alternata avviene in modo automatico, per semplice prolungamento analitico nel dominio
del tempo delle equazioni topologiche

E lo stesso, seguendo l’approccio lagrangiano, avviene per le equazioni tipologiche.

Ma ben presto, con il crescere della frequenza, le cose non tornano più. Sia le leggi topologiche che quelle tipologiche sembrano non trovare riscontro nell’evidenza sperimentale. E sarà J. A. Fleming, uno dei discepoli di Maxwell ad osservare che:

Maxwell, by a process of extraordinary ingenuity, estended this reasoning [the method of Lagrange] from materio – motive force, quantities, currents, and electrokinetic energies of electrical matter, and in so doing obtained a similar equation of great generality for attacking electrical problems

Infine con Poincaré, le grosse difficoltà appariranno proprio in occasione, guarda caso, dell’experimentum crucis di Hertz.

Hertz sperimenta con alte frequenze ma, per calcolare la frequenza naturale con la formula di Kelvin, commette l’errore di avvalersi delle formule stazionarie di Neumann.

A svelare l’enigma inatteso (regime quasi-stazionario) dell’approccio circuitale saranno le “percezioni” contenute in una lettera inviata da di Heaviside ad Hertz. In realtà, già all’indomani del Treatise, le riflessioni che inseguito – concretamente – porteranno alle onde sono già iniziate.

Avvalendosi di una lettura meccanica della corrente di spostamento.

Le onde elettromagnetiche sono già state dedotte (1862) dal modello meccanico dell’etere luminifero: il vortice molecolare di Maxwell!

Con il vizio di forma di una displacement current vissuta come una semplice metafora scientifica,  la Dynamical Theory non viene assolutamente accettata e viene invece classificata come una Paper Theory. Per parte sua, pur pienamente consapevole delle riserve che, in modo anche esplicito,
sono avanzate dalla comunità scientifica, Maxwell non cerca di risolvere la questione tentando di riprodurre fisicamente le onde da lui stesso previste.

È significativa al riguardo, ancora una volta, un’affermazione di sir J.A. Fleming:

It was always a matter of surprise to me that Maxwell never seems to have attempted to obtain any experimental proof of the existence of the electromagnetic waves.

Direttore del più prestigioso centro di ricerca del mondo, il Cavendish Laboratory, egli assolutamente non avverte mai, a differenza di quanto al suo posto, ad esempio, avrebbe invece fatto Faraday, l’esigenza di certificare sperimentalmente la veridicità della sua rivoluzionaria teoria.

Tant’è vero che quando, nel 1879, la prematura morte lo coglie, egli, attendendo alla II edizione del suo Treatise (poi pubblicata postuma da J.J. Thomson), sta occupandosi della parte tipografica.

Né, tutto sommato, di Onde Elettromagnetiche, egli scrive più che tanto nelle sue pubblicazioni. O parla, a Cambridge e al Cavendish, con Discepoli
(e colleghi…).

Allo stato attuale, risulta assai difficile ravvisare le motivazioni che, relativamente ad un tema così cruciale, sono proprie, da parte sua, di un silenzio così esplicito, voluto e durevole. Due, al riguardo, sono, a tutt’oggi, le spiegazioni ritenute più plausibili. La prima ritiene che Maxwell fosse del tutto
estraneo allo studio delle onde elettromagnetiche e che il suo reale interesse fosse costituito invece dall’ottica. Addirittura, secondo tale lettura, per lui l’elettricità ed il magnetismo altro non sarebbero stati che uno strumento supplementare per ancor meglio esplorare e comprendere, nell’etere, l’essenza stessa dei fenomeni luminosi.

Per contro, secondo altri, Maxwell, come già in precedenza Faraday, si sarebbe addirittura servito dell’ottica per ancor meglio comprendere proprio l’elettricità ed il magnetismo. Difficile, a questo punto, riuscire a conciliare due posizioni così opposte. Tanto più che, data la mancanza oggettiva
di una qualunque concreta documentazione al riguardo, di fatto entrambe le interpretazioni non possono considerarsi che una semplice congettura.

Un dato “singolare” rimane comunque assolutamente certo e non tralasciabile: Maxwell non cercò mai, magari anche solo realizzando un “semplice” circuito oscillante, di generare onde elettromagnetiche per via elettromagnetica diretta.

Per quale motivo? Anche in tal caso, nel cercare una possibile risposta, trattandosi nuovamente di una congettura, la prudenza non può che rimanere
assolutamente d’obbligo.

Il dato certo, alla luce dei fatti oggettivi, è comunque che per lui luce ed onde elettromagnetiche altro non furono che manifestazioni “distinte” di uno medesimo stato di sforzo e di moto in atto all’interno dell’etere.

In quest’ottica, appare ragionevole ritenere che egli, tralasciando a priori ogni possibile valenza elettromagnetica, possa aver pensato di generare onde per via meccanica diretta.

Abbia ritenuto cioè di innescare, in senso meccanico stretto, processi vibratorî nelle molecole stesse dell’etere. In altri termini, l’onda, luce compresa, è incontestabilmente di natura elettromagnetica, ma la sua genesi, avvenendo nell’etere, non può che essere meccanica.

Per ora continua però a coglierlo nel suo senso meccanico più immediato, onde luminose comprese. Del resto è ben noto come la presenza dell’aggettivo Dynamical accanto alla sua Theory fosse strettamente legato alla sua più che ferma necessità di esser preso sul serio quando, a proposito dell’energia cinetica e potenziale in gioco, egli pretendeva di considerarla di natura strettamente meccanica.

Nessun circuito elettrico, all’interno del suo laboratorio, appare dunque necessario per il meccanicista Maxwell. Il quale, se in seguito, meditando da epistemologo sul portato conoscitivo del suo Grande Disegno della Natura, avrebbe finito con il considerare l’etere nient’altro che «un nome inventato per dare un soggetto al verbo ondulare»

Finalmente, a chiarire un approccio circuitale fino a quel momento erroneamente vissuto come del tutto estraneo alla Dynamcal Theory, interviene il paradigma maxwelliano.

La fase iniziale di ricerca scientifica sulla generazione e ricezione delle onde elettromagnetiche risulta complessivamente collocabile tra il 1879 ed il 1883 ed è interamente dovuta al lungo ed appassionato lavoro (talvolta non esente da errori) di due Maxwellians: Oliver Lodge e George Fitzgerald.

Lodge e Fitzgerald si incontrano, entrambi ventisettenni, nel 1878, al Convegno di Dublino della British Association. Discepoli entrambi di Maxwell, il primo ha anche avuto il privilegio di udire il Maestro nel 1873, in occasione di un seminario da questi tenuto a Bradford. Ne consegue, in particolare, una lettera di Lodge a Maxwell. Cui lo scienziato scozzese non manca di rispondere con un messaggio da Lodge stesso in seguito giudicato «humorous and quite long»…

O. Lodge giunge vicinissimo alla generazione di onde elettromagnetiche mediante un circuito elettrico. Egli ottiene studia però tali perturbazioni lungo i conduttori e non nello spazio vuoto circostante.

La conseguenza più immediata del lavoro svolto da Lodge è tuttavia rappresentata dall’opera di coinvolgimento da lui compiuta sull’amico FitzGerald, il quale «…discharging condensers through circuits of small resistance…to obtain sufficiently rapid alternating currents…» Ritiene che la generazione per via circuitale di onde elettromagnetiche debba considerarsi impossibile.

Ma poi, nel 1883, in quello – di una pagina e mezza – che certo deve essere considerato l’articolo fondante più breve della storia della scienza, egli associa un’ onda elettromagnetica ad un circuito oscillante e ne calcolo la potenza irradiata:

Lo spazio cessa di essere geometrico e, compromesso con l’evento, diviene fisico. Ben presto l’analisi postmaxwelliana progredisce e si acquisisce così la necessaria chiarezza.

Basandola sulle equazioni d’onda desunte dalle equazioni di Maxwell:

Per le quali a determinare il comportamento geometrico o fisico dello spazio è il rapporto tra il periodo della forzante e il tempo di rilassamento del mezzo.

Risulta infatti:


A conferma di come lo spazio sia fisico e non semplicisticamente geometrico come nell’azione newtoniana a distanza, i potenziali sono ritardati:

Per cui: Lo spazio non è geometrico, ma, compromettendosi con l’evento, è fisico; Conseguentemente, l’interazione non è newtoniana distanza, ma mediata per contatto. La lettura newtoniana a distanza corrisponde dunque ad una teoria del primo ordine:

Si formalizza dunque il regime quasi-stazionario:

La teoria delle linee elettriche: Inizia in modo assolutamente rudimentale Dapprima evolve sia nel segnale che nella potenza Successivamente è il segnale che evolve più rapidamente. Al punto tale che nel 1891, quando a Laufen viene realizzato il primo elettrodotto a tecnologia polifase, la fisica matematica delle linee di comuinicazione è in gran parte risolta; Da quel momento è una diversa tecnologia ad affrontare le differenti problematiche.

Inizialmente la teoria viene svolta per semplice ispezione, postulando a priori, relativamente all’elemento dx, il circuito equivalente e poi modellizzandolo secondo i canoni della teoria delle reti ritenuti validi senza eccezione anche in presenza di costanti distribuite.

L’analisi si svolge tra modelli diffusivi e modelli propagativi, tra equazioni iperboliche ed equazioni paraboliche. Tra i risultati conseguiti si possono
citare i seguenti:

  • Un approccio sempre più perfezionato nel calcolo degli elementi circuitali;
  • Una messa a punto di metodi di analisi sempre più efficaci e di pronto impiego (è questo il caso del calcolo operatoriale messo a punto da Heaviside);

La progressiva transizione dal modello di Fourier al modello di d’Alembert; La messa a punto di metodi sempre più raffinati nel calcolo degli elementi circuitali; L’elaborazione, nei vari casi di equazioni ellittiche, iperboliche e paraboliche, di metodi di integrazione sempre più raffinati; L’individuazione delle condizioni di non distorsione della trasmissione.

Solo in seguito, con l’assunzione di un ruolo sempre più determinante da parte della teoria dei campi, l’analisi delle linee acquista finalmente tutta la sua consapevolezza:

La transizione alla lettura circuitale diviene solo un conseguenza – condizionata – della lettura campistica preliminare; Risulta in tal modo possibile l’interpretazione del fenomeno ondoso guidato dai conduttori; L’annullamento, in determinate condizioni, di un laplaciano trasverso consnete di evidenziare, in condizioni di esistenza ed unicità, l’essenza della linea: la presenza e la propagazione di soluzione trasversale statica: la tensione trasversale, cioè, con il teorema di Clebsh, la parte conservativa del campo elettrico;

La relazione di Heaviside-Poynting consente infine di leggere con chiarezza l’energetica del fenomeno ondoso:

A questo punto non resta che una successione di tappe fondamentali.

«With the eye of a mathematical physicist who was becoming an engineer» Physics today, engineering tomorrow

La prima linea telegrafica viene realizzata nel 1844 negli Stati Uniti ed unisce Washington con Baltimora.

Samuel Morse

Ben presto, con un impatto immediato sulle comunicazioni, tale sistema si diffonde anche in Europa. Si tratta di linee elettriche aeree collocate sulla sola terra ferma. Quando arriva ad un fiume, il messaggio telegrafico viene trascritto ed affidato ad un marinaio, che lo porta in barca sull’altra sponda da dove nuovamente viene inviato per via elettrica. Con tutti i ritardi del caso.

Costituite da semplicissimi conduttori metallici nudi, le linee, mettendo in gioco frequenze al di sotto della decina di hertz, coprono distanze assai brevi, in genere non superiori alla decina di chilometri.

E richiedono una tecnologia modesta. L’effetto combinato della loro lunghezza contenuta e del regime lentamente variabile proprio della frequenza – Morse in gioco fa sì che le semplici connessioni elettriche adottate non evidenzino particolari proprietà elettromagnetiche;

Almeno inizialmente, la loro modellizzazione, per la quale l’uso della legge di Ohm risulta già del tutto risolutivo, risulta dunque immediata; anche sotto l’eventuale aspetto analitico, il problema risulta senz’altro di agevole soluzione.

Per ora le prime linee di potenza e le prime linee telegrafiche appaiono tra loro del tutto assimilabili; Quando nel 1885, Ferraris, dopo aver teorizzato il trasformatore, realizzerà la Torino- Lanzo, il primo elettrodotto di potenza in alternata, i due approcci alle linee ed anche il materiale usato saranno ancora gli stessi. Ma quando, nel 1891, a Francoforte, si realizzerà il primo esperimento di tecnologia trifase, la separazione tra i due mondi sarà già compiuta.

Francoforte-Laufen 1891: il primo elettrodotto trifase.

la matematica TEM risulterà per ora superflua (ed incompresa…) dalla potenza; l’esigenza prioritaria della potenza saranno gli isolatori (in loro assenza, la tensione di uscita di un trasformatore non può essere utilizzata e dunque la trasmissione a distanza non è attuabile);

Già con la centrale di Paderno d’Adda, chiamata ad alimentare (dopo Santa Redegonda, la prima centrale termoelettrica d’Europa) Milano ad una tensione superiore a a quella di Heidelberg, insorgono nella trasmissione i primi problemi di “galoppo degli alternatori”: la futura problematica della stabilità

I problemi della Comunicazione, almeno per ora, sono altri. Ben presto la realizzazione dei primi “cavi”, rendendo possibile la stesura dei conduttori sui fondali marini, consente il superamento, in termini di connessione elettrica, di distanze progressivamente crescenti.

I problemi tecnologici crescono. Il primo esperimento di posa di un cavo sotto il mare viene effettuato già nel 1845, all’interno della baia di Portsmouth. Si tratta di un cavo lungo un miglio isolato con guttaperca.

Si ha poi, già nel 1851, la Calais – Dover. Nel 1856, sul Mar Nero, si realizza una linea che, su una distanza di 741 chilometri, unisce Varna con Balaclava; Negli anni seguenti si sviluppa una fitta rete di cavi tra le coste europee e mediterranee, sotto i canali, tra le isole ed anche sotto alcuni grandi fiumi; In particolare vengono connessi da una fitta rete gli Stati dell’Impero Britannico. Degna di menzione, al riguardo, è in particolare la tratta sottomarina Londra-Bombay, via Porhcurno, Gibilterra, Malta e Suez.

Manca tuttavia ancora il tassello fondamentale in grado di rivoluzionare le fondamenta stesse della neonata scienza delle Comunicazioni Elettriche: il collegamento, attraverso l’Oceano Atlantico, tra l’Europa ed il Nord America; Si tratta a tutti gli effetti di un’impresa epocale la cui estrema complessità risulta essere di ordine sia tecnico che amministrativo.

Il primo tentativo è compiuto nel 1858, tra l’Irlanda e Terranova; riguarda 2200 chilometri di cavo posato da due navi salpate dalle due coste opposte e destinate ad incontrarsi a metà strada. I lavori, pur ostacolati ed interrotti più volte da mille difficoltà, hanno alla fine esito positivo.

Da quel momento, le comunicazioni risultano stabilmente possibili: al costo di cinque dollari la parola, viene infatti inviata una media di ben 3.000 messaggi giornalieri.

In realtà il primo cavo importante risale al 1886 e può certamente essere considerato, accanto al trasformatore ed alla macchina asincrona, una delle maggiori conquiste dell’elettrotecnica del tempo; E certo, per i mezzi del tempo, una delle più onerose.

Ma conviene senz’altro, al riguardo, riprendere, ad esempio, le parole di Alberto Pirelli sul “Città di Milano”:

Posare sul fondo del mare, in profondità anche di 5 e di 6 mila metri, un cavo ininterrottamente estendentesi per migliaia di chilometri, grappinarlo quando si spezzava durante la posa e riportarlo alla superficie da quelle profondità, boarlo se il mare diventava grosso, per poi riprenderlo e continuare il lavoro; organizzare la spedizione navale per un’assenza di mesi portando a bordo anche animali vivi per assicurare il vitto – ecco alcuni capitoli di quel romanzo industriale e marinaro

In quegli anni premaxwelliani di newtoniana azione a distanza i fenomeni di azione per contatto misurabili lungo i conduttori non risultano ancora suscettibili di alcuna interpretazione rigorosa; Se ne prende atto e basta. Le misure compiute lungo le conduttore consentono tuttavia già di evidenziare sperimentalmente come, ancorché limitato ad un solo 1/10 di secondo, di fatto il segnale si propaghi comunque con un ritardo finito.

Nel giugno del 1897, in occasione del Giubileo del suo Regno, la Regina Vittoria inviò un telegramma di saluto ai popoli dell’Impero; Ricevette tutte le risposte, da Singapore, da Zanzibar, da Città del Capo, in due ore. Solo la risposta da Brisbane giunse con ritardo, dopo due ore ed otto minuti.

Già con le linee sottomarine di una qualche importanza (quelle cioè per le quali il tempo di ritardo nella trasmissione risulta concretamente misurabile) le cose non risultano più così tanto semplici come, almeno inizialmente, con riferimento alle linee corte di terra, ci si poteva aspettare.

Progressivanente, dal palese disaccordo rilevato tra il calcolo e le misure si comprende come sia sempre meno lecito pensare semplicisticamente a fili metallici per i quali possa anche bastare una semplice legge di Ohm.

Ed ancor meno, con l’avvento e la progressiva diffusione dei collegamenti transoceanici, sarebbe stato possibile adottare semplificazioni altrettanto drastiche in seguito.

Superando le migliaia di chilometri proprie della lunghezza di un cavo atlantico, il segnale, oltre che sensibilmente ritardato, risulta infatti anche fortemente “disturbato” non solo le ampiezze in gioco sono quanto mai attenuate, ma addirittura gli impulsi, oltremodo “dilatati e confusi” nel dominio del tempo, appaiono fortemente distorti e dunque non riconoscibili.

A seguito di tale fenomeno, la ricezione deve essere dunque compiuta, limitatamente peraltro a quei casi particolari nei quali la procedura risulta di fatto possibile, con l’ausilio di apparecchiature oltremodo sensibili e costose.

Ma la scienza, ancor prima dell’avvento del pensiero maxwelliano, è andata interrogandosi. E ad elaborar modelli teorici….

L’esperimento con la linea di Lecher verrà condotto a Vienna nel 1889.

Nel 1853, direttamente coinvolto nell’ingegneria delle comunicazioni transoceaniche, Kelvin formalizza una prima lettura dinamica spazio-temporale
del cavo telegrafico, trascurando drasticamente gli effetti magnetici associabili alla corrente circolante, egli conteggia la presenza di una capacità K e di una resistenza R per unità di lunghezza.

In tal modo, seguendo pedissequamente lo stesso approccio già messo a punto nel 1822 da Fourier nella sua Theorie Analytique de la Chaleur per lo studio del riscaldamento di corpi monodimensionali a simmetria cilindrica, egli, innovativamente, adotta un modello a costanti distribuite.

Giunge così, sottoforma di: «equation of electric excitation in a submarine telegraph wire perfectly insulated» alla sua famosa K-R law

Il cui integrale, con linguaggio e simbologia moderna, assumendo per semplicità, di lunghezza infinita la linea (r,c) sottoposta a monte alla tensione vo(t), conduce ai risultati seguenti:

 

 

espressione, trattandosi di un’equazione parabolica, di una dinamica del segnale – Morse di tipo diffusivo.
A Cambridge, da studente, Kelvin aveva approfondito con estremo impegno la teoria di Fourier. Fino ad arrivare, definendola «a mathematical poem», ad impratichirsene più di chiunque altro.

Per lui, integrato il modello.

«this equation agrees with the well – known equation of the linear motion of the heat in a solid conductor and various forms of solution which Fourier has given are perfectly adapted for answering practical question regarding the use of the telegrapher wire»

Pur “inesatta” per via dell’ipotizzata assenza di campo magnetico, la “K-R Law” del suo “cavo non induttivo” dà finalmente la tanto attesa percezione della possibile governabilità del sistema di comunicazione elettrica e reca pertanto grande impulso alle costruzioni in quel momento in corso.

In seguito, nel 1857… Weber e, autonomamente da lui, Kirchhoff, modellizzano la linea mettendo in conto anche il contributo induttivo – serie rappresentativo del campo magnetico “negato” in precedenza da Kelvin; Il modello in tal modo ottenuto è finalmente di tipo iperbolico.
Integrandolo, si rimuove preliminarmente l’ipotesi diffusiva precendente e si perviene così, più propriamente, ad un fenomeno di tipo ondoso.

In particolare, ove si trascuri la resistenza serie, i fronti d’onda in tal modo identificati da Kirchhoff, in quel caso rigorosamente di tipo TEM, risultano propagarsi con una celerità pari a quella propria della luce nel vuoto.

Per quanto ancora in una forma del tutto inconsapevole, la lettura circuitale di Kirchhoff e Weber anticipa dunque, in modo chiaro ed inoppugnabile, quelli che, in seguito, in termini di coinvolgimento diretto dello spazio fisico nel fenomeno in atto, sarebbero stati stati i contenuti evidenziati dalla Dynamical Theory maxwelliana.

Almeno per ora, malgrado gli inequivocabili risultati conseguiti, l’impostazione fisico-matematica adottata dai due fisici matematici tedeschi rimane rigidamente subordinata all’idea originaria di azione a distanza: lo spazio, di tipo geometrico, non deve in alcun modo risultare affetto da compromissioni dinamiche di tipo propagativo.

Gli scenarî che in tal modo si aprono appaiono dunque oltremodo complessi: in base all’integrazione del modello, il fenomeno evolve inequivocabilmente per onde, per contro, lo spazio nel quale esso si svolge non appare ancora, secondo le conoscenze del tempo, dotato dei requisiti fisici necessari per supportare processi dinamici di tale tipo.

Proprio per tale ragione, ancorché concettualmente “inadeguato”, il modello diffusivo di Kelvin, risultando più facilmente interpretabile e dominabile negli esiti diffusivi cui conduce, riceve inizialmente una maggior accettazione ed una più ampia affermazione rispetto a quello, strettamente propagativo, di Kirchhoff e Weber.

Questo, bisognoso com’è di ben altre, e ben più “compromettenti”, interpretazioni fisiche, rimane invece per anni ancora in ombra.

Sarà Ferraris, nel 1883, in occasione della sua idoneità a matematica, a riprendere il modello iperbolico di Kirchhoff e restituirgli tutto il valore ed il pieno contenuto che gli competono;

Negli anni successivi l’analisi delle linee elettriche passa ad Oliver Heaviside. Inizialmente, tra il 1874 ed il 1881, pubblicando i suoi lavori su Philosophical Magazine, egli mantiene in modo sistematico lo schema già adottato da Kelvin: cavo non induttivo ed analisi dettagliata, secondo Fourier, dei fenomeni diffusivi conseguenti.

Nel 1881 dopo aver rigorosamente approfondito il Treatise ed aver parallelamente affinato le proprie conoscenze fisico-matematiche egli introduce nuovamente nel modello, dopo Kirchhoff e Weber, l’induttanza serie.

In tal modo, con specifico riferimento al caso canonico di due conduttori rettilinei e paralleli, egli, approfondendo preventivamente i due distinti fenomeni in atto di induzione dielettrica e magnetica, è in grado finalmente di dimostrare, per via analitica diretta, una premessa cruciale: se, e solo se, i due processi di induzione sono simultanemante presenti, allora si determina un fenomeno di onde migranti.

Agli “effetti esterni”, lo schema circuitale elaborato da Heaviside, compendioso dell’induttanza serie, è ancora quello di Kirchhoff e Weber; ora, però, a differenza di quanto in precedenza accadeva con i due fisici tedeschi, respinta definitivamente, e consapevolmente, l’azione a distanza, la lettura è finalmente diventata quella propria dell’azione per contatto: nella trasmissione, grazie ad una Dynamical Theory ormai del tutto acquisita, l’“attraverso” lascia definitivamente il posto all’“attraverso e mediante”.

Con Heaviside l’integrale generale delle equazioni diviene infatti, consapevolmente, la “travelling wave solution”.

A fronte di tali risultati, con riferimento al caso di linea conservativa, egli approfondisce poi la risposta al gradino e ne analizza, in particolare, i complessi fenomeni di riflessione e rifrazione. Mette infine in conto lo smorzamento legato alla resistenza dei conduttori.

In relazione agli importanti risultati da lui conseguiti ed in seguito presentati su Philosphical Magazine, Heaviside è invitato a proseguire la sua ricerca pubblicandone gli esiti su Electrician. Sulla base di questo accordo, nel 1885, egli inizia la pubblicazione, su tale prestigiosa rivista, di una serie di lavori raccolti sotto il titolo “Electromagnetic Induction and Its Propagation”.

In essi ampio spazio è riservato alla riformulazione preliminare, per via vettoriale, delle equazioni di Maxwell ed alla elaborazione dei fondamenti del Calcolo Operatoriale. Purtroppo, già nel 1887, la sua collaborazione viene forzatamente interrotta.

E ciò accade proprio mentre egli, finalmente, si appresta a pubblicare la teoria completa della sua “Distorsionless line”, la linea elettrica mediante la quale, correlando opportunamente i suoi quattro parametri R,L,C,G, Heaviside – per primo – identifica, in modo definitivo, la condizione circuitale subordinatamente alla la quale la propagazione del segnale avviene in assenzaa di distorsione.

Da questo momento, proprio grazie al fisico matematico inglese ed al suo uso consapevole e disinvolto della Dynamical Theory, la telefonia a grande distanza supera l’insormontabile problema delle distorsioni e diviene finalmente una concreta realtà.