Riflessioni

I Nostri Maestri

concordo appieno con la tua diagnosi. I tempi dei nostri Maestri (almeno di quelli che realmente furono tali) sono lontani. L’ignoranza che vedo in giro ogni giorno, tanto più grave in quanto esibita e vissuta quasi con compiacimento, è inimmaginabile. L’unica cosa ormai è chiudersi nel proprio isolamento e continuare a coltivare i propri valori. A questo riguardo ti ringrazio per l’invio dell’allegato relativo a Scalfari. E lo faccio per almeno due motivi: per il gesto delicato in sé e per il fatto che ho la conferma di come almeno alcuni ingegneri ancora esistano che sentono di dover coltivare anche altro. Il tempo, inesorabilmente, è passato. Chi monta in sella oggi ed esibisce lo scettro del potere ha avuto un percorso formativo che con nostro non ha nulla in comune. E si sa: l’uomo non è una funzione di stato; il suo integrale, oltre che comunque dagli estremi di nascita e di morte, dipende anche dalla trasformazione seguita. Forse in questo senso va letto il “conosci te stesso” con il quale ammonivano gli Antichi. Era, con il nostro linguaggio, un modo per identificare la parte esatta del proprio differenziale e costruire su di questa il meglio della propria anima. Quello riservato allo studio religiosamente visto comemezzo per accrescere la propria capacità di stupirsi dinnanzi al Creato e dunque di ringraziarne l’Artefice. E poi, di non certo minore importanza, era il modo con cui ci riesce possibile avvolgere le persone che ci sono care, ma certo anche l’umile viandante che bussa alla porta della nostra anima, di delicatezza. L’uomo nasce in un liquido amniotico che lo protegge, l’amnios, che forse costituisce la sua condizione al contorno. A noi, in seguito, il compito di proteggerlo sempre in un fluido altro generato dalla nostra tensione emotiva. In fondo la Terra è un’immensa stanza dei giochi nella quale, cammin facendo, ci imbattiamo nei giocattoli lasciati intorno dai bimbi – gli uomini – che abitano questa casa. A noi il compito di preservarli e di riporli in buon ordine. Non è forse quello che faremmo entrando nella casa di un amico che ci è caro?

Ma tutto questo è lontano. Oggi i valori, se così si possono definire, sono altri. Mi iscrissi al Politecnico perché si voleva che io continuassi la tradizione di mio nonno. Ma, in cuor mio, lo feci soprattutto pensando che avrei finalmente capito perché, girando attorno alla Terra, la Luna non vi cade. Lo compresi. Addirittura oggi, con le equazioni di Maxwell, so giustificare il diverso colore della luce all’alba ed al tramonto… Cosa di più? E allora? Oggi domina il provincialismo cosmopolita per cui sai in quanto viaggi. Come le rondini…E nel contempo incombe la negazione del passato. Per noi la non-conoscenza era una bruttura che aveva anche una sua innegabile connotazione di mancato “riscatto” sociale. Per loro, oggi, è il segno di una scelta altra altrettanto legittima. Siamo nella società liquida di Baumann. Gli argini sociali all’interno dei quali, con il terrore di una religione acritica, contenevi la moltitudine, sono caduti e tutti possono fare tutto. Far l’amore è diventato fare sesso: uno squallido appetito come mangiare le tagliatelle o succhiare la liquirizia. E, in un epoca di superamento dei mezzi sui metodi, nulla è sottoposto a critica e a riflessione. Ma i tempi oscuri sono alle porte. Da tempo i Parri, i De Gasperi ed i Pertini, così come i Concetto Marchesi e gli Enrico De Nicola (il più grande) non ci sono più. Ma nessuno se ne chiede il perché. E nessuno ne ha bisogno. Sul grande De Nicola non esistono studi. Arrabattandomi, ho trovato una piccola casa editrice di Napoli che, accettandone l’inevitabile flop finanziario, ha pubblicato un aureo libretto su quel grande. Si sa, la Rivoluzione Napoletana del 1799 ha lasciato il segno…Dopo aver comprato e letto la monografia, ho scritto una calda lettera di encomio e di ringraziamento all’Editore in cui l’ho ringraziato per avermi fatto sentire fiero di essere italiano. Non ci crederai: dapprima mi ha vissuto con sospetto… Solo in seguito, chiedendosi se io esistevo veramente, mi ha a sua volta ringraziato… Vedi che i tempi sono altri? Noi, che pure non siamo di primo pelo, non abbiamo ancora smesso di riflettere sul mistero delle equazioni differenziali e sull’enigma degli spazi di Riemann. Oggi l’equazione differenziale è il nome che sbrigativamente si dà ad un tool di qualche programma di calcolo che tutto può e che quel che non può non conta e non significa La nostra magia, quella per la quale un collettore a lamelle (ricordi?) si sostanziava con un Runge-Kutta, non esiste assolutamente più. E non puoi nemmeno andarlo a raccontare in giro: nessuno ti capirebbe. O ti apprezzerebbe… Oggi si va a Rodi senza timore reverenziale per la Filosofia. E si va a Vienna senza il senso della storia. Ciò che conta è il low cost carpito dopo lungo ed acefalo appostamento ed il numero di stelle dell’albergo grazie alle quali, spendendo cifre folli, puoi ottenere servizi e sfarzi di cui ti dovresti solo vergognare.

Da molto tempo non ti ho rivista più, strada fiorita della gioventù.